Nonostante il mio modo di cucinare (e di mangiare) sia molto cambiato dopo il mio trasferimento in Inghilterra, resta comunque una certa napoletanitá, viscerale, spontanea e a volte inaspettata nel mio modo di pormi di fronte al cibo.
Soprattutto quando si parla di ricette legate a doppio filo ai miei ricordi, alla mia famiglia alla mia cittá natale.
Ecco perché é stato difficilissimo affrontare questa sfida per me.
Seguire delle regole, regole cosí diverse dal mio modo di preparare questo piatto, dal modo in cui lo prepara mia nonna, ancora alla soglia dei 96 anni, dal mio modo di mangiarlo, ha richiesto un enorme sforzo da parte mia che sono solita prepararlo senza bilancia, senza dosi, aggiungendo un pó di questo e un pó di quello, a occhio, di pancia, annusando, assaggiando talvolta ad occhi chiusi.
E comunque per amore dell'MTC l'ho fatto, perché lo faccio ogni mese e continueró a farlo, per fare onore a Marina che avrei scelto anch'io come vincitrice il mese scorso e perché mi piace sperimentare anche con le ricette cosiddette “sacre”.
E cosí ho giocato con due grandi classici della cucina napoletana, tra le ricette a me piú care della tradizione napoletana, il sartú di riso, oggetto della gara, e la genovese.
E siccome era da tanto che volevo provare la genovese di polpo e l'unico modo per partecipare era farlo da Napoli, da casa di mia madre, dove posso trovare un polpo degno di questo nome, per questa volta ho messo da parte le influenze british e sono tornata alle mie origini.
Sartú di riso alla genovese di polpo e vellutata di polpo e arancia
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